Servizio gratuito per il trasporto dei disabilii
Ufficio Turistico Consorzio

Il 28 marzo 2024, nel Palazzo del Collegio Raffaello (Piazza della Repubblica), è stata inaugurata una nuova mostra permanente dall’alto valore didattico: “Raphael Urbinas”.

La mostra nasce dalla volontà di realizzare uno spazio espositivo in grado di raccogliere alcune copie delle opere di Raffaello Sanzio con finalità didattica ed esperienziale. Un percorso che, di fatto, è un omaggio all’artista nato a Urbino e che sottolinea il rapporto che continua ad esprimere la produzione artistica di Raffaello con la città ed il legame che Urbino intreccia da secoli con il suo più grande pittore.

Le copie sono state realizzate con una metodica ad alto contenuto tecnico.  Un ringraziamento particolare va ai Musei che hanno concesso i diritti di riproduzione per le opere che si trovano in mostra.

Per tutto il mese di luglio 2024 la mostra “Raphael Urbinas” sarà visitabile gratuitamente. Ma per gli urbinati, per volere del Legato Albani, non sarà mai applicato un biglietto di ingresso.  Lo spazio sarà aperto dal martedì al venerdì, dalle 09.00 alle 13.00. Il sabato e la domenica dalle 09.30 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.00. Il lunedì rimarrà chiuso.  Le scuole potranno visitare la mostra anche su appuntamento.

Per informazioni e prenotazioni scuole:  

0722.324.590  /  info@vieniaurbino.it

0722.2613

 

 

PALAZZO DUCALE

aperture per le prossime festività

Tre aperture ordinarie nei giorni festivi, un’apertura straordinaria e due domeniche gratuite al museo. Ecco come sarà l’inizio di primavera per la Galleria nazionale delle Marche, che ha pubblicato il proprio calendario dal 31 marzo al 5 maggio.

Nel fine settimana di Pasqua, Palazzo ducale sarà regolarmente visitabile di domenica e lo sarà anche il 1^ aprile, per Pasquetta, con un’apertura straordinaria dalle 8,30 alle 19,15.

Il 7 aprile, la prima domenica del mese, ingresso gratuito, così come per il 5 maggio, che sarà anche l’ultimo giorno in cui si potrà visitare la mostra “L’altra collezione – Storie e opere dai depositi della Galleria Nazionale delle Marche”, curata da Luigi Gallo, Valentina Catalucci e Andrea Bernardini allestita al piano terra.

Ingresso gratuito pure giovedì 25 aprile, sempre con orario dalle 8.30 alle 19.15. Apertura festiva ordinaria mercoledì 1^ maggio.

RIAPRE LA ROCCA DELLA FORTEZZA ALBORNOZ

La ROCCA della Fortezza Albornoz  riapre da domenica 24 marzo 2024, dalle 15 alle 18.

In occasione di Pasqua sarà aperta sabato 30 e domenica 31 marzo, e lunedì 1° aprile dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18.

Dopo il periodo pasquale sarà aperta ogni weekend (venerdì-sabato-domenica) osservando il seguente orario: 10:00 – 13:00 / 15:00 – 18:00.

Il costo del biglietto di ingresso singolo è di €1.50, mentre per i gruppi di numero uguale/superiore a 5 unità è pari a €1,00 a persona.

Il biglietto può essere acquistato in loco dove si potrà trovare anche materiale informativo sulla città di Urbino.

È possibile accedere alla Rocca da:

Viale Buozzi;

Via dei Maceri.

* Si precisa che le aperture possono variare in base alle condizioni meteorologiche.

FIGURE PER UN ROMANZO. PAOLO VOLPONI E LE ARTI. OPERE DAL 500 AL 900 DELLA COLLEZIONE PRIVATA

MOSTRA

Sale del Castellare di Palazzo Ducale

4 Giugno – 30 Settembre 2024

INGRESSO LIBERO

E’ stata inaugurata il 4 giugno 2024, nella Sale del Castellare di Palazzo Ducale, l’attesa mostra dedicata al rapporto tra Paolo Volponi e le arti: un rapporto che è d’obbligo includere nel discorso complessivo sul grande autore novecentesco del quale la Città celebra i cento anni dalla nascita (1924-2024) con una pluralità di eventi . Ed è la Città di Urbino, per l’appunto, l’Amministrazione comunale, con il patrocinio della Regione Marche e con la collaborazione di Accademia di Belle Arti per la parte ideativa, a presentare “Figure per un romanzo. Paolo Volponi e le arti. Opere dal 500 al 900 della collezione privata”. La mostra è a cura di Luca Cesari, estetico, saggista, direttore dell’Accademia di Belle Arti, e consiste in una rassegna di opere d’arte dal XVI al XX secolo appartenenti alla collezione volponiana prestate con ampia e spontanea generosità da Caterina Volponi, figlia dello scrittore. Non si tratta di una mostra, tuttavia, la cui materia sia circoscritta alla presentazione di dipinti. Si tratta invece di una mostra in cui le pitture sono raccontate da Volponi stesso, dal suo scrivere sugli artisti. Alle opere infatti, sono intercalate pagine di presentazioni, brani anche di romanzi. In questo senso l’intento perseguito è doppio: quello di riscoprire assieme al Volponi collezionista anche il critico artistico. Un ‘secondo’ o ‘terzo’ mestiere esercitato con modalità sempre più intense dal 1956 al 1964, le cui tracce compongono un corpus disperso che sarà materia di una edizione della casa editrice Electa, nei prossimi mesi. In mostra, sono opere di Barocci, Cantarini, Guerrieri, Magini, Maratta, ma anche Monsù, Desiderio e Dughet. Accanto a questi affetti più noti, quasi morbosi, dello scrittore per le pitture sei-settecentesche, la collezione presenta, per la prima volta, opere del 900 che suggeriscono le più varie inclinazioni dell’autore verso numerosi contemporanei, con i quali ha allacciato ben spesso legami di vita. Non è il caso solo di artisti urbinati come Bruscaglia, ma anche di romani come Schifano e Festa, o milanesi d’ambiente come Cavaliere e Isgrò. In questo consiste l’aspetto più nuovo e inedito della mostra, sfatando il pregiudizio della presunta “frattura” di Volponi con l’arte contemporanea. In rassegna, opere di Castellani, Ciarrocchi, De Chirico, Bartolini, Martini, Guttuso, Bruscaglia, Bompadre, Schifano, Pomodoro, Cavaliere, Cucchi, Mattiacci, Isgrò.

La mostra sarà aperta fino al 30 settembre 2024 e si può visitare tutti i giorni dalle 10:00 alle 13:00, dalle 15:30 alle 18:30.

Dalla Presentazione di Luca Cesari “La passione di Paolo Volponi per la pittura ansiosa”:

“Sia concesso allora dire che il tentativo forse temerario di questa esposizione è quello di mettere in ordine il raptus di Volponi; cercando anche di associare alle pitture le espressioni dell’autore più capaci di sortire il succo della raffigurazione, al di là dei dati tecnici che ogni altro tipo di critica metterà in luce. (…) Ma che cos’è tutto questo accostare Barocco e Novecento se non implicare una certa dose di antirinascimento in questo figlio di Urbino? Ciò non può che rimarcare le inclinazioni polimorfiche e fantastiche di un collezionista i cui punti focali, privilegiati, si ampliano in ogni direzione. Un collezionismo che ci appare come un mareggiare di passioni potenti e depressioni, malinconie, enfasi, di un amatore vorace d’impulsi e di acquisti. Un collezionismo dico, che, nelle forme d’infatuazione e gusto ovunque evidenziate dalla collezione, favorisce una chiave di lettura. Un rapporto rapinoso e drenante con l’“oggetto ansioso”, direbbe Rosenberg, un tamponamento dell’ansia di morte o di vita rispetto alla serena rappresentazione di Piero e di Paolo Uccello.”

 

 

 

Mostra personale di Bruno Radicioni

“La Famiglia Urbinate”

A cura di Lorenzo Radicioni

Urbino – dal 10 marzo al 31 luglio 2024

Hotel San Domenico, Piazza Rinascimento 3

 

A cinquantadue anni dalla prima mostra documentata a Urbino di Bruno Radicioni (mio padre) tenutasi nel 1972 presso il Museo della Casa di Raffaello e dopo una successiva nel 1993 presso la Chiesa cittadina di San Domenico, la città Ducale ospita una mostra personale di arte contemporanea, dedicata al pittore schivo e silenzioso ma che tanto amava ed era attratto dalle bellezze artistiche di ogni tempo della capitale feltresca, culla del Rinascimento italiano. Urbino. Nella bella e storica location dell’Hotel San Domenico di Urbino, ex antico convento silenzioso del XIV secolo, situato proprio davanti al colossale Palazzo Ducale e accanto alla splendida Chiesa di San Domenico, si celebra con questa mostra d’arte antologica il ritorno a Urbino di Bruno Radicioni presentando opere diverse per genere e datazione, realizzate in vari periodi della sua breve vita. Sono opere tutte originali, contraddistinte dallo stile unico del pittore dalle celebri figure umane calve. Figure concepite verso la metà degli anni Sessanta, provocando sgomento e incomprensione in chi le osservava allora, ma che sarebbero divenute le stesse figure che lo hanno fatto conoscere anche a livello internazionale nel mondo dell’arte contemporanea. Sono oggi figure molto attuali nello status della moda senza distinzione di genere, nel primo quarto del XXI secolo. Le figure calve di Bruno Radicioni hanno uno stile inconfondibile, che spicca rispetto qualsiasi altro artista di ogni epoca e nazionalità o di corrente artistica.

Perché la Famiglia Urbinate? L’importanza della famiglia è un valore per ognuno di noi che trascende in ogni epoca essa si colloca, per rimanere un  riferimento verso gli affetti sinceri e materni che ci legano alle nostre origini. La grande Famiglia dell’Arte ancor di più, è composta da tutti coloro che ne hanno fatto, fanno e faranno parte, sia essi dei creativi, degli studiosi o estimatori molto sensibili. Le emozioni che si provano dinnanzi alla bellezza dell’arte, di cui Urbino è indiscussa paladina mondiale, meritano un pieno godimento, in un completo silenzio contemplativo. Come il suggestivo abbraccio alla madre, a casa, al ritorno da un lungo viaggio terreno, l’arte merita ugualmente di essere riabbracciata in modalità metafisica in un epoca dove nulla di più vero come l’arte vi può essere rispetto a tutta la superficialità dei “rumorosi” valori effimeri e voluttuari che distolgono l’attenzione dell’Uomo verso il saper riconoscere e apprezzare il “concetto del bello”.

Come disse una volta lo storico Alberto Berardi commentando le opere di Bruno Radicioni; “entrare in una stanza dove sono esposte le opere di Bruno Radicioni è come entrare nella sala degli specchi e perdersi al suo interno. Ma sappiamo tutti che a volte perdersi è bello e ritrovarsi poi è meraviglioso!”. Ora io aggiungerei; “…e ritrovarsi in Famiglia è meraviglioso ancor di più!”.

Lorenzo Radicioni

COLORATI MONDI

Mostra di opere di Athos Sanchini

Galleria d’Arte Albani

Via Mazzini

16 marzo  – 21 aprile 2024

Apertura al pubblico:

da mercoledì a domenica 10.00 – 12.30 / 16.30 – 19.30

 

Ripercorrere l’intero itinerario artistico della ricerca litografica e calcografica di Athos Sanchini non è l’intento che si vuole perseguire, anche perché aggiungerebbe ben poco alle lucide disamine che nel tempo ne hanno saputo cogliere i sempre più significativi svolgimenti.

L’attenzione vuole invece volgersi sull’ultima produzione disegnativa, cercando di mettere a fuoco una diversa apertura spirituale, che comunque non si discosta dalla visione dell’artista, da sempre protesa a trarre ispirazione da fugaci attimi di esistenza e come essi vengano intimamente trasfigurati.

E’ incontestabile che il rapporto con il visibile abbia consentito all’artista di confrontarsi con l’essenziale e, nel contempo, di profondarsi in se stesso, ma tale condizione, a causa di personali vicende, in questi ultimi anni ha deviato il suo corso,

prefigurando itinerari ed esiti inediti, che hanno messo in secondo piano le aperte ferite, le tensioni, le disarmonie presenti in parte nel precedente lavoro.

Questo momentaneo nasce dall’urgenza mai sopita di cercare e trovare, di dare ulteriore slancio ad un cammino sempre teso alla ricerca.

E’ la rivelazione di un nuovo io a fare il proprio ingresso, segnato dal dolore, ma proprio per questo abitato ora da desideri protesi, da aspettative intraviste, che sembrano dire un convinto sì alla vita, trovando conferma con quanto scrive Jaspers a proposito del valore fondamentale dell’arte per l’uomo: “ Noi vediamo le cose come l’arte ci insegna a vederle.

Si direbbe che solo se filtrata dall’arte ogni cosa acquisti la sua vera forma”.

Per il nostro artista la forma non è qualcosa di dato e di naturale, ma è sempre una conquista, è il compimento di un’operazione d’espressione, che non è mai una elementare imitazione.

Ne consegue che la sua ricerca astratta non ha mai rifiutato il sostrato riflessivo ed emotivo che consente alle forme di significare, peculiarità questa che nelle ultime opere trova significative conferme, a riprova che il compito che da sempre si era dato è un qualcosa che deve riconquistare sempre di nuovo.

E’ evidente come la componente colore giochi un ruolo decisivo in questi disegni, anche se non è una conquista recente, ma risale ai lontani esordi litografici e successivamente a quelli calcografici, anzi è ad essa che si deve la scoperta della voce dell’io, anche se in questi ultimi anni Athos ha pienamente maturato la consapevolezza che il colore non è un elemento aggiuntivo, ma costitutivo dell’immagine.

In piena coscienza Cezanne afferma che “esiste una verità pittorica della cose”, palesando che le immagini ricevono vita dai colori, che l’idea disegnativa sussiste nei movimenti degli stessi, nei loro rapporti, nella loro energia, nella composizione, e il contenuto non farà che confermare l’idea medesima.

Nello specifico siamo al cospetto di immagini non di rappresentazioni, perché il disegno per Sanchini cessa di rispecchiare passivamente l’oggetto, per diventare una costruzione soggettiva, “una cosa disegnata” direbbe Kandinskyj.

La necessità di andare ad un nuovo incontro con il reale è affidata all’indagine diretta ed esclusiva del foglio disegnato, impegnata ad esprimere tutto ciò che è possibile dire sul senso del suo operare, che proprio perché autentico non può che essere unico, aggiungendo al linguaggio dell’arte qualcosa di proprio.

E’ la rarità di tale modalità a convalidare quanto per questo artista sia fondamentale l’onestà verso se stesso, Rilke direbbe muoversi “nella direzione segnata dai battiti del cuore”, e tutto questo non è negoziabile, perché da lungo tempo egli ha appreso a vivere l’atto creativo come momento di massima libertà, di irrinunciabile individuazione.

Il disegnare, come già l’incidere, è un farsi passione, è un qualcosa che non può limitarsi a sollecitare meccanicamente lo sguardo, ma tocca a fondo l’anima, fa riflettere, fa vibrare le corde del sentire, come sempre fa la vera arte.

Le dinamiche pacificate dei segni-colore danno credibilità e spessore agli aspetti creativi di una ricerca, che non evoca certo un tempo di pretesti d’arte, ma si dispone a vivere quell’avventura in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere, allorché coglie in profondità la sua verità, che coincide sempre con l’essenziale apertura di un mondo.

In esso tutto sembra collimare, le forme si dispongono in confidenziali accordi, i toni trapassano con naturalezza gli uni negli altri, le asperità espressive presenti nel precedente lavoro vengono coloristicamente

ed intimamente risolte in ritmiche continuità, liberate da ogni saldatura.

A vociferare è una “profondità fatta altezza”, che nel candore del foglio accoglie colorate speranze, i cui “voli” portano all’espressione una realtà di vita autentica.

Appartenere a tale disegnato sentire significa condividere con esso che esiste ancora un luogo del possibile, dell’essere pensiero e cuore, del farsi passione, e come tutto ciò sia necessario affinchè l’arte accada, incontrando, come lucidamente scrive Gadamer “un mondo nell’opera e l’opera nel mondo”.

 Bruno Ceci

URBINO –Dal 19 giugno al 6 ottobre Palazzo Ducale accoglierà l’esposizione monografica dedicata a uno dei figli più illustri della città, con prestiti eccellenti dai principali musei italiani e internazionali.  Nei sontuosi spazi di Palazzo Ducale, a cura di Luigi Gallo (Direttore della Galleria delle Marche) e Anna Maria Ambrosini Massari (Docente di Storia dell’Arte moderna all’Università di Urbino), con Luca Baroni e Giovanni Russo, le sale del palazzo ducale di Urbino accoglieranno una straordinaria selezione delle opere di Barocci provenienti dalle raccolte di tutto il mondo. 

Tra queste vi è senza dubbio la grande pala della  della Visitazione, destinata ai padri oratoriani della Chiesa Nuova.  Barocci impiegò tre anni di lavoro per realizzarla e nella tarda primavera del 1586 l’opera era pronta a partire per Roma.  Qui giunse a  metà luglio dello stesso anno e, secondo la testimonianza dell’ambasciatore urbinate Grazioso Graziosi, si fa «continua processione per vederla».

Tutti i pittori di Roma si recarono ad ammirare il dipinto del maestro di Urbino, che non realizzava un’opera per l’Urbe da oltre 20 anni e che riconquistò così, improvvisamente, al centro dell’attenzione internazionale. Oltre 430 anni dopo la pala della Visitazione, amata da San Filippo Neri (che, guardandola, raggiunse l’estasi mistica) e bramata dai collezionisti inglesi del Settecento come il Conte di Spencer (che tentò invano di acquisirla nel 1769 per tramite del pittore Gavin Hamilton), si appresta a seguire il percorso inverso, tornando per la prima volta a Urbino, dopo un attento restauro che ne ha rivelato le eccezionali qualità cromatiche.

La pala della Visitazione non sarà l’unica a tornare, dopo secoli, nella città d’origine. Con prestiti eccezionali, provenienti dai principali musei nazionali e internazionali, che arricchiscono la collezione già molto importante della Galleria Nazionale delle Marche, la mostra, di taglio monografico, raccoglie più di 80 dipinti e disegni di Barocci, illustrando tutte le fasi della sua lunga carriera.

L’imponente campagna di prestiti si è svolta grazie alla disponibilità e la collaborazione degli enti prestatori: le Gallerie degli Uffizi, primo e imprescindibile riferimento per la storia collezionistica di Urbino; i Musei Vaticani; la Galleria Borghese e le Gallerie Nazionali d’Arte Antica che, per la prima volta, prestano tutti i capolavori del pittore da loro conservati, e con loro le chiese e le collezioni diocesane di Roma, Perugia e Senigallia.

Eccezionale è stata anche la risposta dei musei stranieri come il Louvre e la Fondation Custodia di Parigi, il Musée Bonnat di Bayonne, il Prado di Madrid, il Kunsthistorisches di Vienna, il Kupferstichkabinett degli Staatliche Museen di Berlino, Rijksmuseum di Amsterdam, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, la National Gallery e il British Museum di Londra, le Collezioni Reali di Windsor, l’Ashmolean di Oxford, il Szépművészeti Múzeum di Budapest, il Metropolitan di New York.

Tra i rientri più importanti, considerando anche le dimensioni, va segnalata la Deposizione dalla Croce proveniente dal Duomo di San Lorenzo di Perugia; invece hanno percorso una strada ben più lunga il Ritratto di Giuliano della Rovere del Kunsthistorisches Museum di Vienna (già di proprietà degli Uffizi, ma scambiato a fine Settecento con un dipinto di Albrecht Dürer) e la Madonna del gatto della National Gallery di Londra. Ben sette i dipinti che arrivano dagli Uffizi e dai depositi di Palazzo Pitti; tra questi, un gruppo di ritratti (tra cui i due Autoritratti di Barocci, rispettivamente in età giovanile e senile, quello del giovane principe Francesco Maria della Rovere di ritorno da Lepanto e di suo zio Ippolito della Rovere), e l’elegante Noli me tangere in cui alle spalle del gruppo composto dallo scultoreo Cristo e dalla Maddalena si apre una magnifica veduta di Urbino nella calda luce del tramonto.

Praticamente nessuna opera di Barocci è rimasta a Roma, città che con Urbino e Firenze conserva il maggior numero al mondo di opere di Barocci. Dalla Chiesa Nuova di Roma sono arrivate arrivata la già citata Visitazione e la Presentazione della Vergine al Tempio, mentre la chiesa di Santa Maria Sopra Minerva ha prestato la tenebrosa Istituzione dell’Eucarestia. La Galleria Borghese di Roma si è privata di entrambi i suoi Barocci, l’inquieto notturno con il San Girolamo nel deserto e la grande Fuga di Enea da Troia, che tornerà eccezionalmente a dialogare con il suo cartone preparatorio appositamente inviato dal Museo del Louvre. Le Gallerie Nazionali d’Arte Antica hanno inviato un Ritratto d’Uomo normalmente esposto presso Palazzo Corsini. Anche i Musei Vaticani hanno contribuito con tutti e tre i loro Barocci, la celebre Annunciazione, vera icona dell’arte marchigiana del Cinquecento, il Riposo in Egitto, eseguito da Barocci per l’amico perugino Simonetto Anastagi nel 1573, e l’estatica Beata Michelina da Pesaro in cui si palesano le primizie del sentire barocco.

Altri prestiti singoli, ma di grande rilevanza, sono la Madonna della Gatta di Palazzo Pitti, che raffigura sullo sfondo il Palazzo Ducale di Urbino; il Ritratto d’Uomo dell’Ambasciata italiana di Londra, capolavoro della ritrattistica di Barocci che rientra in Italia per la prima volta dal XVIII secolo, e la Natività del Museo del Prado di Madrid, già appartenuto all’ultimo duca di Urbino e da lui donato alla regina di Spagna durante i primi anni del Seicento.

Non mancano, infine, grandi prestiti anche dal contesto marchigiano. La Pinacoteca civica ‘Augusto Vernarecci’ di Fossombrone ha prestato il San Francesco che riceve le Stimmate, che entrerà in dialogo con le grandi Stimmate di San Francesco della Galleria Nazionale delle Marche e con il San Francesco nella Grotta del Metropolitan Museum of Art di New York; mentre da Senigallia arriveranno, rispettivamente dall’Oratorio della Croce e dalla Pinacoteca Diocesana, l’eccezionale Seppellimento di Cristo, esposto accanto ai bozzetti per la preparazione delle luci e dei colori conservati rispettivamente al Rijksmuseum di Amsterdam e alla Galleria Nazionale delle Marche, e la Madonna del Rosario, confrontata per l’occasione con il sontuoso preparatorio bozzetto in chiaroscuro prestato dall’Ashmolean Museum di Oxford.

Le opere che tornano a Urbino da ogni dove, moltissime per la prima volta dalla loro esecuzione, confermano quanto la sinergia fra enti di conservazione sia determinante per la conoscenza della nostra grande eredità culturale. Ed è significativo che nell’anno in cui Pesaro è Capitale Italiana della Cultura, Urbino sia protagonista di questo evento, proponendo una mostra dedicata a uno dei suoi figli più illustri.

Nel segno di Federico Barocci, il Palazzo Ducale ha elaborato un ampio progetto culturale, sostenuto dalla Direzione Generale Musei e condiviso con i più grandi musei del mondo, al fine di celebrare l’opera del grande pittore che chiude idealmente la sublime stagione del Rinascimento urbinate, dominata da artisti del calibro di Piero della Francesca, Bramante e Raffaello. A cavallo fra due secoli, Barocci si fa interprete dell’emozione della pittura moderna che questa mostra vuole raccontare grazie ai tanti capolavori esposti nelle sontuose sale del museo.

Percorso espositivo

La mostra si articola in sei nuclei narrativi, legati alla successione temporale dell’opera di Barocci e organizzati seguendo i diversi temi della sua pittura.

Sala 1: contesto culturale

Nella prima sala si esaminerà il contesto culturale in cui l’artista si forma e lavora, presentando ritratti dei personaggi più rappresentativi della corte e del suo principale committente, il duca Francesco Maria II Della Rovere.

Sala 2: composizione delle Pale d’Altare

La seconda sala sarà dedicata al tema della composizione delle grandi pale d’altare, con particolare attenzione agli innovativi effetti di notturno che rivoluzionano la tradizione cinquecentesca.

Sala 3: affetti, natura ed emozioni

In questa sala verranno approfonditi gli affetti, la natura e le emozioni attraverso dipinti di piccole dimensioni destinati alla devozione privata.

Sala 4: grafica di Barocci

Verrà dedicato uno spazio alla grafica di Barocci, con una selezione significativa di disegni, cartoni e incisioni provenienti dalle principali raccolte nazionali e internazionali.

Sala 5: composizioni dalla fase preparatoria all’opera finita

Nella quinta sala si potranno ammirare le composizioni dalla fase preparatoria all’opera finita, con opere esposte insieme ai relativi bozzetti preparatori.

Sala 6: ultime opere

Verranno presentate le ultime opere del pittore risalenti al primo decennio del Seicento, anticipando alcune soluzioni che contraddistinguono l’arte barocca.

Continuità nell’appartamento roveresco

L’arte di Barocci continuerà nell’appartamento roveresco del secondo piano, dove il Palazzo Ducale vanta il numero più consistente di opere della sua produzione sacra.

20.06.2024 – 06.10.2024

Inaugurazione: 18.06.2024 ore 12.00

INFO MOSTRA
Federico Barocci Urbino. L’emozione della pittura moderna
a cura di Luigi Gallo e Anna Maria Ambrosini Massari

con Luca Baroni e Giovanni Russo
19.06.2024 – 06.10.2024
Inaugurazione: 18.06.2024 ore 12
Orari: da MA a DO: dalle 8:30 alle 19:15 (chiusura biglietteria ore 18:15); LU chiuso
Ingresso: € 12 intero; € 2 ridotto; € 1 prenotazione
Catalogo edito da Electa
Galleria Nazionale delle Marche
Palazzo Ducale di Urbino, Piazza Rinascimento 13, 61029 Urbino (PU)
Telefono: 0722 2760
gan-mar@cultura.gov.it
www.gallerianazionalemarche.it

 

Ufficio media

Marco Ferri 

È+39 335 7259518

🖂press@marcoferri.info

 

Info

Galleria Nazionale delle Marche

Palazzo Ducale di Urbino

Piazza Rinascimento 13, 61029 Urbino (PU)

Telefono: 0722 2760

www.gallerianazionalemarche.it

Per tutti gli aggiornamenti:  https://gndm.it/

“AL VIVO NERO. LUIGI BARTOLINI INCISORE”

La più ampia mostra di acqueforti di Luigi Bartolini sino a oggi mai realizzata per numero di opere. 

URBINO

Sale del Castellare di Palazzo Ducale

14 dicembre 2023 – 1 maggio 2024

Considerato il grande valore del progetto espositivo, in accordo con i curatori, l’Amministrazione comunale di Urbino ha deciso di prorogare fino a 1 maggio 2024 la mostra dedicata a Luigi Bartolini.

Ricordiamo che quella urbinate è la terza tappa delle celebrazioni regionali dedicate all’arte di Luigi Bartolini a sessant’anni dalla scomparsa. La mostra in corso a Urbino, “Al vivo nero. Luigi Bartolini incisore“, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Alessandro Tosi e Luca Cesari è stata inaugurata il 14 dicembre 2023 nelle Sale del Castellare di Palazzo Ducale.  Le celebrazioni sono promosse dalla Regione Marche, in collaborazione con la Città di Macerata e la Città di Urbino, assieme ai  Comuni di Camerino, Cupramontana e Osimo.

L’esposizione allestita nelle Sale del Castellare è realizzata dal Comune di Urbino, con la collaborazione di Accademia di Belle Arti di Urbino e della Fondazione Carlo e Marise Bo. Dopo la mostra  inaugurata a Macerata, dedicata all’opera pittorica dell’artista scrittore, l’attesissima esposizione di Urbino riguarda l’opera incisoria: le magistrali acqueforti di Luigi Bartolini. Attesissima, perché sono confluite negli spazi di Palazzo Ducale  ben tre collezioni (Timpanaro, Bassano, Bartolini) per un totale di circa centotrenta opere esposte. Si tratta, in breve, della più ampia mostra di acqueforti di Luigi Bartolini sino a oggi realizzata per numero di opere. 

Nelle intenzioni dei curatori la mostra intende offrire un itinerario magico e narrativo che percorra tutti i ricorrenti soggetti dell’acquafortista (paesaggi, fiumi, fonti, figure, finestre, piante, fiori, animali) raccontati attraverso il commento di scrittori, critici, interpreti fondamentali del Maestro. La volontà da parte dei curatori è quella di realizzare una mostra altamente corretta dal punto di vista scientifico – quale può garantire uno studioso del linguaggio incisorio novecentesco come Alessandro Tosi – e, nello stesso tempo, massimamente semplice: capace di accompagnare le nuove generazioni per mano nella conoscenza del magico mondo di Bartolini. Bartolini – nelle parole di Luca Cesari – «è il più rinomato caso novecentesco di poeta cum figuris e di artista per verbis; non esiste altra personalità novecentesca che, pari alla sua, abbia conseguita tanta esemplarità sia nelle lettere sia nelle arti, senza dimenticare la critica».

Ingresso gratuito

Aperta tutti i giorni con orario: 10.00 – 13.00 / 15.30 – 18.30

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